È vero che è più buona dell’altra, di migliore qualità e pure più sana e che produrla ha un minore impatto ambientale? Soprattutto: perché non si “restringe” durante la cottura?
Che cos’è la carne grass-fed?
Andiamo con ordine e proviamo a spiegare: si dice grass-fed e significa letteralmente nutrito a erba, perché l’espressione nasce dall’unione della parola inglese grass (erba, appunto) con il participio passato del verbo feed, nutrire. Visto che si parla di carne e animali d’allevamento, vuole dire che quando il vitello nasce, prende il latte dalla mamma e che lui e lei e il resto della mandria vivono all’aperto la maggior parte della loro vita, pascolano e mangiano quello che trovano. Cioè l’erba. A differenza dell’allevamento tradizionale dove gli animali vengono spesso nutriti con cereali e mangimi, per una crescita e un ingrasso rapidi.
Il sistema grass fed, oltre a rispettare il benessere degli animali, è decisamente meno impattante, dato che mais e soia (usati per alimentare gli animali negli allevamenti convenzionali) da una parte richiedono un’enorme quantità di acqua per la loro produzione, dall’altra contribuiscono in alcuni paesi al consumo di suolo strappato alle foreste.
Quali sono le razze più allevate per il grass-fed?
Non tutti i bovini possono essere nutriti a erba e lasciati allo stato brado, perché non tutti hanno le caratteristiche fisiche per vivere così tanti mesi all’aperto. Questo è il motivo per cui molti produttori italiani scelgono razze originarie dell’Europa settentrionale da allevare nel nostro Paese: le più diffuse sono Angus ed Hereford (entrambe arrivano dalla Scozia), Sashi (Danimarca e Finlandia) e Highland o Highlander, anch’essa tipica della Scozia.
Ci sono comunque anche altre razze che ben si prestano al trattamento grass-fed: fra le più diffuse, la Bruna Alpina e l’Olandese (tipiche della Lombardia), la cosiddetta Bianca e Rossa (molto presente in Trentino), la Piemontese e il Vitellone Bianco dell’Appennino; una che invece si è mostrata poco adatta a questo tipo di allevamento è la Chianina.
Un’altra differenze importante è che i bovini grass-fed vivono mediamente più degli altri; arrivano anche a 7-8 anni, mentre i vitelli da carne di solito si fermano intorno ai 18 mesi, vengono macellati prima che diventino tori.
La carne risulterà di gran lunga superiore dal punto di vista organolettico e non vi è presenza di antibiotici, pesticidi e chemioterapici.
Perché perde meno volume durante la cottura?
I bovini che stanno al chiuso, nelle stalle, hanno sempre acqua a disposizione e bevono ogni volta che vogliono, e visto che la loro dieta è prevalentemente asciutta e prevede anche l’aggiunta di sale, tendono a bere molto. In più, fanno poco movimento, mentre quelli che stanno al pascolo fanno più movimento, sono più in forma e anche bevono meno. E quindi accumulando meno acqua, anche in cottura ne perdono meno.
Non risultano essere carni adeguate al classico barbequeue ma risultano più adatte a lunghe cottiure, spezzatini o stracotti.
Punto di vista nutrizionale
Le carni grass-fed hanno maggior presenza di omega-3 e vitamine liposolubili, che in genere si trovano in ridottissime quantità nelle carni e maggiormente nel pesce. Inoltre hanno una più elevata presenza di ferro.
Un ulteriore vantaggio è che produrre questa carne ha un impatto sull’ambiente molto, molto più basso rispetto a farlo con il metodo classico, perché c’è minore consumo di suolo e di acqua e una minore immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.
In più il brucare degli animali ha conseguenze benefiche sui terreni destinati al pascolo, che non vengono né arati né concimati (entrambe le attività le fanno in qualche modo mucche e vitelli) e restano comunque fertili. È il cosiddetto “regenerative grazing” che è stato inserito fra le tecnologie con cui l’agricoltura può tenersi al passo con i tempi e guardare al futuro. E pazienza se è una cosa che viene dal passato, magari vecchia di 1000 anni o più: se funziona, forse è meglio tornarci.
Dott.ssa Dalila Miceli